Si stima siano circa 250mila i pazienti italiani che soffrono di una malattia infiammatoria cronica intestinale (Mici). Le patologie che rientrano in questa categoria – la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa – rappresentano un’emergenza sociale ed economica: in Italia, si stimano 5-10 nuovi casi su 100mila abitanti ogni anno. Si tratta di patologie a eziopatogenesi multifattoriale in cui a una predisposizione genetica si associano fattori ambientali capaci di scatenare un’attività infiammatoria immunomediata a carico del tratto digerente. La terapia farmacologica delle Mici si è evoluta enormemente nel corso dei decenni. La prima grande innovazione è rappresentata dall’avvento, già diversi decenni fa, dei farmaci biotecnologici diretti verso il fattore di necrosi tumorale alfa (anti-Tnfα) a cui sono seguite, negli anni, altri molecole dirette verso altri target terapeutici.
Crohn e colite ulcerosa? Misconosciute
Antinfiammatori e corticosteroidi
Tra i farmaci tradizionali troviamo gli antinfiammatori. I più impiegati sono gli aminosalicilati, in modo particolare la mesalazina che è disponibile sia in forma orale, sia in forma topica, clistere o supposte. Questo principio attivo oggi resta importante nel trattamento della rettocolite ulcerosa, molto meno nella malattia di Crohn. Hanno azione antinfiammatoria anche i corticosteroidi – sistemici come il deltacortene o a rilascio selettivo come la budesonide – che per lungo tempo hanno rappresentato il primo e inevitabile approccio all’esordio della malattia.
Novità contro la rettocolite ulcerosa
Immunosoppressori e biologici
Accanto a questi ci sono gli immunosoppressori, che riducono la risposta del sistema immunitario: l’azatioprina, la ciclosporina e, in misura inferiore, il metotrexato sono i principi attivi maggiormente impiegati. Vanno assunti sotto stretto controllo medico dopo controlli ematochimici necessari a verificare l’eventuale presenza di infezioni in corso che ne impedirebbero l’impiego. Oggi sono utilizzati anche in associazione a infliximab, per un periodo di tempo limitato, con lo scopo di ridurre l’immunogenicità di quest’ultimo.
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Le molecole biotecnologiche
Se fino a qualche tempo fa i farmaci biotecnologici venivano prescritti solo dopo l’impiego, senza successo, delle terapie tradizionali, oggi sono impiegati anche in fase di attacco. «Del resto i famarci biotecnologici agiscono sui meccanismi alla base dell’infiammazione, laddove i corticosteroidi agiscono a valle», mi ha spiegato Federica Furfaro, gastroenterologa presso l’Unità operativa di gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Gli anti-Tnfα sono diretti contro questa citochina individuata come una delle responsabili dell’infiammazione: tra questi infliximab, adalimumab e golimumab. Prima di iniziare l’assunzione di un farmaco biotecnologico, come per gli immunosoppressori è necessario uno screening per evidenziare eventuali infezioni in corso. A questa classe sono succeduti altri principi attivi diretti contro altri target terapeutici, come gli anti-interleuchine (ad esempio ustekinumab) o gli anti-integrine (come vedolizumab). La maggior parte dei farmaci biotecnologici disponibili per le MICI sono approvati per entrambe le malattie.
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La scelta di farmaci biotecnologici
Ancora è oggetto di dibattito la scelta del principio attivo più adatto per ogni singolo caso: «Non ci sono studi che indichino un protocollo da seguire», prosegue Furfaro. «In linea generale si tende a iniziare con un anti-Tnfα per poi, in caso di fallimento di questa classe, proseguire con gli anti-interleuchine o gli anti-integrine. Tuttavia in casi selezionati è possibile iniziare anche con meccanismi d’azione diversi». I farmaci biotecnologici hanno il vantaggio di portare a una veloce e immediata attenuazione o scomparsa dei sintomi e a una guarigione mucosale. Si tratta di farmaci che certamente hanno un peso notevole anche in termini di costi pubblici, oggi sempre più ridimensionati dall’avvento dei biosimilari. D’altro canto i farmaci biotecnologici, erogati nei numerosi centri di riferimento per la cure di queste patologie, mostrano vantaggi non solamente sulla qualità di vita dei pazienti, ma anche sugli elevati costi sociali delle patologie.
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Le ultime frontiere della terapia
Più recentemente sono state messe a punto nuove strategie, come quelle basate sulle small molecules quale tofacitinib, primo Jak-inibitore approvato nella rettocolite ulcerosa. Il farmaco mostra buone performance sia nei pazienti che non erano stati trattati con le terapie biotecnologiche sia in quelli che le avevano fallite. L’innovazione di tofacitinib consiste nell’essere il primo farmaco orale per la malattia e nella sua capacità di bloccare simultaneamente più citochine. Rapidità d’azione, efficacia sulla guarigione mucosale, miglioramento della qualità di vita e possibilità di una remissione mantenuta negli anni sono le sue caratteristiche più rilevanti. Inoltre l’assunzione orale ha un effetto importante sulla percezione di demedicalizzazione da parte del paziente.
Farmaci sottoutilizzati? Resta ancora importante diffondere l’impiego dei farmaci biologici: nel 2021 uno studio condotto da CliCon, società specializzata in ricerca e analisi in ambito sanitario, aveva evidenziato un dato preoccupante. Secondo quanto riportava, il 28,6 per cento dei pazienti italiani affetti da malattia di Crohn o rettocolite ulcerosa potrebbe essere curato con questi farmaci ma non li riceve pur rispondendo ad almeno uno dei relativi criteri di eleggibilità. Le ragioni sono diverse, e vanno ricercate nella difficoltà di accesso ai centri di riferimento e a un’insufficiente percezione dell’importanza di percorsi di cura specialistici.
L’articolo completo su Farmacia News, marzo 2023