Lo chiamano il “ladro silenzioso della vista”, perché quando esordisce non dà alcun segno della sua presenza. È il glaucoma, patologia pericolosa ma ancora poco nota a gran parte della popolazione. Si tratta di un danno al nervo ottico, purtroppo irreversibile, causato solitamente da un’eccessiva pressione intraoculare. «Viene spesso associato all’età anziana, ma colpisce anche adulti e giovani, persino bambini e neonati», spiega Matteo Sacchi, oftalmologo presso l’Ospedale San Giuseppe di Milano: «solo il glaucoma congenito, che non esaurisce tutte le forme di glaucoma pediatrico, interessa almeno 1 nato ogni 10mila».
Il glaucoma nei bambini
A differenza degli adulti, nei bambini il glaucoma si manifesta chiaramente: l’occhio malato presenta una malformazione anatomica ben visibile, è più grosso a causa della spinta pressoria, come un palloncino gonfiato, e la diagnosi avviene solitamente alla nascita. «La patologia si sviluppa quasi sempre in età intrauterina, a causa di una mutazione genetica spontanea», prosegue il medico. «La buona notizia è che anche bambini piccolissimi, di pochi mesi, possono essere operati con successo. L’intervento consiste nell’apertura del canale che permette il deflusso dell’umor acqueo, il liquido responsabile della pressione all’interno dell’occhio, e nell’inserimento di una piccola valvola».
Pieno recupero per i piccoli
Successivamente, il piccolo paziente seguirà un percorso ad hoc di riabilitazione e di controlli regolari fino all’adolescenza. Pur presentando un deficit visivo, questi bambini possono raggiungere un livello visivo più che adeguato a vivere una vita sociale, scolastica e poi professionale assolutamente normale. I casi di glaucoma pediatrico non congenito, invece, possono essere identificati durante i controlli di routine dal pediatra, che valuterà se indirizzare il bimbo allo specialista, o durante le visite oculistiche, a partire dalla prima che di norma va programmata intorno ai tre anni.
Nell’adulto servono diagnosi precoci
Nella popolazione adulta la patologia è inizialmente asintomatica, perché sottrae campo visivo periferico ma, al centro, la visione resta normale. In Italia sono 500mila le persone con diagnosi di glaucoma, cui se ne aggiungono altre 500mila che non sanno di averlo. Ci si accorge del disturbo solo quando il danno diventa importante e, purtroppo, irreversibile: si può tuttavia intervenire con farmaci o chirurgia, per evitare che peggiori. Comunque, nella maggioranza dei casi, la diagnosi di glaucoma non è una condanna alla cecità. Colliri, laser e chirurgia consentono di arrestare la patologia e di gestirla al pari di altre cronicità.
Occhio “bionico”: a che punto siamo?
Quando occorre la chirurgia
La diagnosi precoce è cruciale: dopo i 50 anni, tutti dovrebbero sottoporsi con regolarità a una visita oculistica, sufficiente per identificare il problema, soprattutto se in famiglia c’è già qualcuno che ne soffre. Se terapie sotto forma di colliri e interventi ambulatoriali con laser non sono sufficienti ad arrestare il problema, oggi l’innovazione tecnologica consente un approccio chirurgico mininvasivo. L’intervento, che consiste nell’inserimento di piccoli tubicini per il drenaggio dell’umore acqueo, dura solo 15 minuti, non richiede incisioni e spesso neanche punti di sutura. Il recupero del paziente risulta così più rapido: nel giro di pochi giorni, anziché settimane, si può tornare alla normale vita quotidiana.