C’è un uomo dal fisico asciutto e dalla tempra ineguagliabile che in meno di cinque anni ha corso qualcosa come 140 maratone. Salvatore Gorgone prosegue il suo giro del mondo in corsa registrando un nuovo primato nella Torino-Saint Vincent, 100 chilometri in 12 ore e 42 minuti, lo scorso ottobre. E il giorno dopo ha tagliato il traguardo della mezza maratona di Pavia. Ma non c’è solo l’Italia: dall’Alaska alla Siberia fino alla Corea, il maratoneta ha gareggiato un po’ ovunque alternando la sua passione al lavoro di consulente finanziario. «La media è di una maratona a settimana», mi ha raccontato, orgoglioso. E ne ha ben ragione, se non altro per la sua età: Salvatore ha compiuto 66 anni a dicembre e ha corso la sua prima gara solo nel 2012.
Un talento naturale
Un talento e una resistenza fisica che stupiscono lui stesso: «Credo che sia una dote naturale», commenta. Finita la sua prima gara, la mezza maratona Roma-Ostia corsa con un parente quasi per scherzo, la sua reazione fu un “tutto qui?”. Non a caso da tempo è in contatto con Stefano Farioli Vecchioli del Cnr, che prevede di studiare quest’uomo: «Salvatore rappresenta un caso raro di resistenza fisica e di capacità di recupero allo sforzo», mi ha spiegato lo studioso. «Dalle analisi del sangue che effettua dopo gare superiori ai 100 chilometri si nota che il valore della creatinfosfochinasi è molto alto dopo la gare, ma ritorna normale in pochissimi giorni. Questo suggerisce capacità di recupero muscolare e cardiaco davvero notevoli».
Il segreto di Salvatore
Farioli Vecchioli sta pensando di analizzare alcune molecole contenute nel sangue di Salvatore. In particolare le neurotrofine, proteine rilasciate dai muscoli durante l’attività fisica e trasportate dal sangue verso il cervello dove svolgono un ruolo fondamentale nella sopravvivenza dei neuroni e nella neuroplasticità. L’obiettivo è scoprire i segreti dell’invecchiamento psicofisico. Ma quali sono i benefici psicofisici della corsa? «La corsa svolge un ruolo primario nella nascita e nella proliferazione di nuove cellule staminali nel cervello dei topi di laboratorio che corrono, con un aumento notevole delle funzionalità di alcune regioni del cervello, soprattutto quelle dove avviene la nascita di nuovi neuroni. L’attività fisica è di fondamentale importanza nel mantenere il cervello in uno stato di benessere generale, aumentando la neuroplasticità, diminuendo i livelli di stress, di invecchiamento cerebrale e ritardando di molto la comparsa di sintomi di malattie neurodegenerative in pazienti malati di Alzheimer». Le applicazioni cliniche degli studi del Cnr sono ancora lontane, tuttavia l’attività fisica rappresenta la prevenzione migliore per evitare il decadimento psicofisico che purtroppo accompagna maturità e la vecchiaia. Salvatore ne è un esempio lampante.
L’articolo completo su BenEssere, febbraio 2017