Ogni anno in Italia vengono eseguiti circa 2mila trapianti di rene, nell’86 per cento dei casi da donatore deceduto. Degli oltre 6mila pazienti in attesa di trapianto di rene, si stima che circa 1 su 10 sia classificato come altamente sensibilizzato o iperimmune: ha cioè sviluppato anticorpi contro la maggior parte degli antigeni leucocitari umani (Hla) dei donatori. In pratica, i pazienti altamente sensibilizzati presentano un’ampia reattività che può causare danno tissutale e rigetto del trapianto. A causa della presenza di questi anticorpi, trovare un donatore compatibile è particolarmente difficoltoso per questo gruppo di pazienti.
Un nodo da sciogliere
Per questa ragione i pazienti altamente sensibilizzati trascorrono un tempo più lungo della media nelle liste di attesa per trapianto con un aumentato rischio di morbilità e mortalità a cui si associa una peggiore qualità di vita a causa delle lunghe sedute in dialisi. «È quindi sempre più necessario trovare il modo di dare una risposta sanitaria ai pazienti in attesa di trapianto di organi», ha precisato Massimo Cardillo, direttore generale del Centro nazionale trapianti presso l’Istituto superiore di sanità nel corso dell’evento Innovazione terapeutica a tutela delle persone in attesa di trapianto renale tenutosi a marzo a Roma. «Se è vero che il nostro Paese è ben rappresentato da innovativi poli di eccellenza in ambito di trapianti, esistono tuttavia barriere biologiche che impediscono l’accesso all’organo a tutti i pazienti».
Quando i reni smettono di funzionare
L’innovazione farmacologica
Un’innovazione viene dalla recente approvazione di imlifidase, un enzima somministrato per infusione prima del trapianto negli adulti provvisti di anticorpi contro il rene del donatore. Il farmaco scompone gli anticorpi IgG, riducendo quindi la possibilità che l’organismo rigetti l’organo trapiantato. Lo scorso novembre a Padova un’equipe di chirurghi ha effettuato il primo trapianto di questo tipo in Italia su paziente iperimmune con l’impiego di imlifidase: «Il farmaco», ha spiegato in un’intervista Lucrezia Furian, chirurga dell’Azienda ospedaliera dell’Università di Padova che ha realizzato l’intervento, «permette di “tagliare” gli anticorpi e neutralizzarli, evitando quindi la possibilità di rigetto».
Malattia renale, evitare la dialisi
Sostenere il valore della donazione
L’innovazione è un processo strategico fondamentale non solo nella ricerca ma anche nella pratica clinica della medicina dei trapianti. Lo ha precisato anche Luciano Potena, presidente della European society for organ transplantation: «È inoltre necessario ricordare che l’intera strategia trapiantologica si basa sulla donazione degli organi, che è prima di tutto un atto di puro altruismo. Chiunque si occupi di trapianti ha l’obbligo morale di sostenere il valore della donazione». È fondamentale quindi un sinergico lavoro di tutti gli stakeholder coinvolti per rendere la macchina dei trapianti efficiente, rigorosa e sempre più performante.