Un nuovo meccanismo cellulare implicato nell’osteosarcoma è stato recentemente scoperto da un gruppo di ricerca del Cnr di Napoli. Tumore osseo ancora difficile da curare, l’osteosarcoma colpisce prevalentemente bambini e adolescenti oppure può insorgere in età più avanzata, attorno ai cinquant’anni, in persone affette dalla malattia ossea di Paget, patologia caratterizzata da una generazione di cellule ossee più veloce del normale, con la conseguenza per i pazienti di avere ossa fragili, dolore, deformità e fratture. Tra i sintomi più comuni dell’osteosarcoma vi sono invece dolore all’osso colpito, gonfiore e tumefazione. Con il tempo la situazione in genere peggiora e possono comparire fratture a causa dell’alterata e indebolita struttura ossea.
La complessità del tumore osseo
Tra le caratteristiche molecolari di questo tumore, per cui mancano ancora terapie efficaci, vi è una notevole instabilità genomica delle cellule mutate. L’individuazione delle cause di tale instabilità è dunque una priorità per lo sviluppo di nuovi possibili trattamenti. «I risultati ottenuti hanno portato a identificare una proteina che, quando è assente o alterata, non permette una corretta ripartizione dei cromosomi tra le due cellule figlie durante la divisione cellulare», spiega Fernando Gianfrancesco, che ha coordinato lo studio pubblicato su Communications Biology. «Come conseguenza, le cellule che sono prodotte in tale divisione e in quelle successive presentano alterazioni cromosomiche tutte diverse tra loro. Questa vasta eterogeneità impedisce la messa a punto di terapie farmacologiche mirate».
Cancro e adolescenza: una storia
Terapie contro le cellule tumorali
Mediante tecniche di sequenziamento di ultima generazione, gli studiosi hanno identificato una mutazione genetica nel gene PFN1, responsabile di una forma molto severa della malattia ossea di Paget, che determina anche l’insorgenza di osteosarcoma nelle ossa colpite. Avere compreso questo meccanismo è importante perché potrebbe consentire di sviluppare un approccio terapeutico che non corregga il difetto genetico ma che renda vulnerabili le cellule cancerose inducendole alla cosiddetta morte cellulare programmata. «In questo modo, sfruttando le differenze genetiche fra le cellule tumorali e le cellule sane, si potrebbero colpire in maniera mirata soltanto le prime, risparmiando le altre».