Scoprire da adolescente di avere un tumore raro, un osteosarcoma di Ewing all’osso di una gamba, non è cosa semplice: «Andavo in minimoto e un giorno, scendendo di sella, ebbi un forte dolore. Tempo dopo correndo la stessa gamba cedette», mi ha detto Ivan Pedroni, oggi ventiduenne, che su BenEssere di febbraio mi ha raccontato la sua storia. Non occorre essere medici per capire che qualcosa non va, quando in una lastra vedi una macchia nera. E infatti dopo una risonanza magnetica e una biopsia arrivarono una diagnosi angosciante e la paura. Ma solo per i suoi genitori: «Io mi sentivo indifferente, stranamente calmo», ricorda Ivan. In otto mesi, da gennaio a settembre del 2011, Ivan ha visto chemioterapia, radioterapia, più interventi chirurgici e soprattutto l’esperienza dell’isolamento necessario ad affrontare l’immunosoppressione. «Per un mese guardavo i parenti da una finestra nella mia stanza, parlavo loro in un citofono e toccavo solo oggetti sterilizzati». Però basta guardare il mondo da una prospettiva diversa: «È stato pesante, ma almeno sono dimagrito: prima ero sovrappeso». In una frase, uno spiazzante insegnamento per chiunque si lamenti per le più piccole banalità di tutti i giorni.

Cosa sono i tumori di Ewing

I tumori di Ewing possono colpire aree diverse del corpo e possono insorgere a tutte le età, ma prevalentemente nei bambini e negli adolescenti: questo li rende crudeli. La maggior parte di queste neoplasie colpisce le ossa, soprattutto quelle di bacino, torace e gambe. Il sintomo principale è il dolore. Per arrivare alla diagnosi si parte in genere da una radiografia, una risonanza magnetica o una Tc. Anche la scintigrafia ossea e la Pet aiutano a stabilire se il tumore si è diffuso in altre regioni del corpo. Ovviamente però è la biopsia a dare la certezza della diagnosi. I tumori di Ewing sono piuttosto rari: importante quindi rivolgersi a centri specializzati. Le terapie possono includere chirurgia, chemioterapia e radioterapia e, nei casi che non rispondono alle cure, è possibile il trapianto di cellule staminali. Oggi sono disponibili inoltre nuovi farmaci biologici che riconoscono una specifica molecola presente nelle sole cellule malate.

Crescere grazie alla malattia

Quel che è certo è che vivere l’esperienza del cancro da adolescenti ti segna. Tanto che solo chi ha vissuto una storia come questa può capire: «Quando incontro ex compagni di reparto è come ritrovarsi, siamo fratelli ormai», dice Ivan. Così, tempo dopo la guarigione, ha deciso di partecipare a un’iniziativa organizzata dall’Associazione bambino emopatico, presso gli Spedali civili di Brescia: due giorni di navigazione sul lago di Garda a bordo di un veliero in compagnia di altri giovani degenti. «È stato fantastico, mi sono sentito libero insieme alle sole persone che mi possono capire».

Un percorso di accompagnamento

La gita ha fatto parte del progetto Vivere l’adolescenza con il cancro, voluto dall’Associazione bambino emopatico di Brescia e premiato con i Community Award Gilead. Percorso di sostegno rivolto ad adolescenti affetti da patologie tumorali, il progetto ha coinvolto i ragazzi dapprima con incontri psicologici e poi, a settembre 2015, con una tre giorni di navigazione sul lago di Garda a bordo di un veliero. Accompagnati da due psicologhe e un’infermiera, i ragazzi idonei a partecipare da un punto di vista clinico hanno vissuto un’esperienza che ha permesso loro di riscoprire il piacere dello stare insieme e di rinsaldare i rapporti di amicizia nati in corsia. «La cosa più bella», mi ha detto Simonetta Coppini, psicologa e coordinatrice del progetto, «è che al termine del percorso il gruppo era ancora più forte e coeso: i ragazzi continuano a vedersi fuori dall’ospedale». Ancora oggi che sono guariti e hanno ripreso in mano le loro vite tra loro continuano a chiamarsi “i ragazzi del veliero”.

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