Il lavoro dei medici sta cambiando: la tecnologia prende sempre più piede nella pratica clinica e nella relazione con il paziente, le branche mediche si fanno sempre più specializzate e l’organizzazione sempre più complessa delle aziende ospedaliere impone ai direttori sanitari nuove competenze. A marzo il gruppo editoriale olandese Elsevier ha pubblicato su questo tema il report globale Clinician of the future 2022 che vuole tracciare i contorni di questi mutamenti grazie a interviste a medici e a tavole rotonde con clinici, studenti di medicina e opinion leader della sanità. «Vogliamo fare luce sulle sfide e sulle tendenze che i medici dovranno affrontare», ha spiegato il presidente Jan Herzhof, «ma anche identificare le modalità con cui potranno essere supportati nel futuro».

Cosa dovranno fare i nuovi medici

I risultati che emergono dall’indagine sono interessanti e riguardano da vicino anche il nostro Paese. Risultati in qualche modo confermati anche a luglio nel corso del convegno Medtech, presente futuro. Università e imprese disegnano il domani organizzato dall’Università Campus Bio-Medico di Roma. L’evento ha illustrato le competenze che i medici di domani dovranno avere, molte delle quali delineate anche dal report Elsevier: ad esempio la capacità di una visione che comprenda salute fisica, psicologica e benessere globale del paziente e le skill tecnologiche necessarie per impiegare al meglio il digitale nella relazione con il paziente e in ambito biomedico. Del resto, come emerso dall’incontro, ospedali, imprese biomedicali e farmaceutiche cercano oggi nei nuovi medici partner dotati di conoscenze a cavallo tra medicina tradizionale e ingegneria biomedica con lo scopo di collaborare allo sviluppo delle terapie e dei device.

Competenze ingegneristiche

«Per la medicina del domani occorrerà una formazione molto più articolata, che consenta ai medici di interagire con gli esperti di tante aree di ricerca», mi ha spiegato in un’intervista per Lami Guido Castelli Gattinara, pediatra infettivologo dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Penso all’ingegneria biomedica, alla robotica, alla microchirurgia, alle terapie geniche sempre più avanzate, ma anche alla prevenzione e alla diagnostica preventiva con tecnologie sempre più sofisticate come la risonanza magnetica HD e la diagnostica con protoni». Peraltro l’alta tecnologia rappresenta essa stessa il futuro della sanità. Stimolato dalla pandemia, il comparto ha prospettive di sviluppo in tutto il pianeta: secondo dati Confindustria, in Italia il medtech genera un mercato che vale 16,2 miliardi di euro, diviso tra oltre 4500 aziende che occupano più di 110mila dipendenti.

Migliorare la formazione accademica

Certo manca ancora una formazione alle tecnologie medicali. «La proposta formativa delle facoltà di medicina in Italia è ancora molto legata alla medicina degli anni Ottanta», dice Castelli Gattinara, «e manca una connessione con le scienze dell’ingegneria biomedica. Oggi ci sono specializzazioni interamente fondate sulle nuove tecnologie, come accade per le protesi o i device cardiologici. Tutti i medici dovrebbero conoscerne almeno i rudimenti per poter interagire con gli specialisti dei diversi settori».

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