La musica, grazie ai ricordi e alle emozioni che evoca, può migliorare la comunicazione negli anziani pazienti con Alzheimer. A dimostrarlo uno studio pubblicato quest’anno dalla Northwestern University (Usa): i ricercatori hanno infatti analizzato il modo di comunicare dei pazienti con i loro cari, sia prima che successivamente a sessioni di ascolto di un piccolo ensemble che suonava dal vivo pezzi legati al loro passato. Nel mentre, gli anziani erano invitati a interagire cantando o semplicemente tenendo il ritmo con le mani o un tamburello. «L’esperienza si è dimostrata positiva per le persone con Alzheimer ma anche per i loro cari, che riuscivano a entrare maggiormente in relazione con i primi a prescindere dalla gravità della patologia», ha spiegato Jeffrey Wolfe, neurologo e terapeuta musicale che ha coordinato lo studio.
Una terapia per l’Alzheimer
Le emozioni che proviamo ascoltando alcune canzoni hanno a che fare anche con i ricordi evocati da quegli specifici pezzi: la musica interagisce infatti con l’ippocampo, struttura correlata a memoria e apprendimento: «Attraverso la musica possiamo rievocare i ricordi d’infanzia nei pazienti affetti da malattie degenerative proprio come l’Alzheimer», mi ha spiegato Alice Mado Proverbio, psicobiologa all’Università di Milano-Bicocca e autrice di Percezione e creazione musicale (Zanichelli). In questi soggetti che hanno perso la capacità di comunicare a parole l’ascolto musicale dà piacere: «Riaccende per un istante la fiammella del loro “Io” disgregato e perduto, e riattiva il ricordo di chi erano».
Alzheimer: un tassello in più nella comprensione della malattia
Impatto sul cervello
Del resto nel tempo si sono succedute diverse teorie e pratiche che impiegano le note per migliorare la salute psichica e psicofisica: è la musicoterapia. «È dimostrato che la musica conforta la sofferenza psichica dovuta al lutto, a perdite affettive e persino il dolore fisico, agendo come analgesico ad esempio nei pazienti oncologici», aggiunge Proverbio. Inoltre l’impatto positivo della musica è dimostrabile anche a livello organico: agisce infatti anche sul corpo calloso, il ponte di fibre nervose che mette in comunicazione i due emisferi cerebrali, aumentandone le dimensioni.
Terapia del dolore e ischemie
Ma i benefici della musica sono anche fisici. Uno studio di quest’anno, pubblicato su PlosOne, ha mostrato come possa controllare il malessere nei pazienti che convivono con il dolore cronico. La ricerca conferma i risultati di uno studio precedente uscito su Scientific Reports che invece chiariva come la musica sia in grado di ridurre la percezione del dolore stimolando la produzione di oppioidi endogeni. Anche nei pazienti colpiti da ischemia cerebrale imparare a suonare il piano migliora il recupero delle capacità motorie: la musica ha una notevole capacità di guidare i comportamenti motori ritmici, come la danza.
Parkinson e deambulazione: gli effetti
A dimostrarlo è il fatto stesso che, ascoltando la musica, ci viene del tutto spontaneo tenere il ritmo con un piede oppure ondeggiare con il corpo: «Studi di neuroimaging come al risonanza magnetica funzionale hanno chiarito come il ritmo della musica stimoli regioni coinvolte nel controllo del movimento ciclico e della deambulazione inducendoci a muoverci a tempo». È partendo da queste considerazioni che la musicoterapia viene impiegata anche nei pazienti affetti da Parkinson: «Il ritmo stimola il cervelletto, i gangli delle base e la corteccia motoria, attivando il movimento», aggiunge Proverbio. Un ritmo musicale adatto può quindi rendere più sicura e regolare la deambulazione delle persone colpite da questa malattia, tanto che durante l’ascolto possono persino mettersi a danzare.
L’articolo completo su Airone, novembre 2022