La popolazione generale è più consapevole sui temi della salute dell’apparato digerente rispetto a un tempo, ma restano molte zone d’ombra a riguardo della gestione dei tumori gastrointestinali sotto diversi aspetti. Ad esempio il 32 per cento di chi ha ricevuto una diagnosi lamenta ansia e depressione ma il 28 per cento segnala l’assenza di percorsi di supporto psicologico. Anche i problemi pratici sono notevoli, con il 28 per cento di pazienti che lamenta problemi legati ai postumi dell’intervento chirurgico e un 24 per cento che afferma di avere problemi legati alle modalità di somministrazione e agli effetti collaterali delle terapie.

Mancano informazione e supporto

I dati emergono dall’indagine conoscitiva sui tumori gastrointestinali condotta nell’ambito dell’iniziativa In Contatto promossa dalle 43 associazioni del gruppo La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere. Il sondaggio ha voluto indagare le esperienze e le esigenze dei pazienti durante il percorso di cura per portare all’attenzione delle istituzioni disagi e bisogni non soddisfatti. Dai numeri appare chiaro come i pazienti che convivono con un tumore gastrointestinale chiedano più attenzione agli aspetti della vita quotidiana quali nutrizione, supporto psicologico, conseguenze degli interventi chirurgici ed effetti indesiderati delle terapie. L’indagine ha chiarito inoltre come sia scarsa l’informazione ricevuta sul tumore prima della diagnosi: il 42 per cento del campione ha dichiarato di essere poco informato e il 34 per niente. Soltanto il 24 per cento degli intervistati si ritiene molto o abbastanza informato.

Test genetici e team multidisciplinari

Resta inoltre lacunoso e disomogeneo sul territorio nazionale l’accesso ai test genetici, offerti a meno di un paziente su tre: «Proprio su questo punto c’è molto da fare», ha spiegato Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna Onlus e coordinatore del gruppo La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere. «Occorre anche migliorare e ampliare le opzioni terapeutiche e potenziare gli aspetti organizzativi, rendendo disponibili team multidisciplinari che comprendano anche il supporto nutrizionale e quello psicologico». L’indagine ha confermato il problema delle diagnosi tardive per i tumori dell’apparato digerente, legate soprattutto all’aspecificità dei sintomi e alla mancanza di screening di popolazione, fatta eccezione per il tumore del colon-retto per il quale si ricorre all’esame del sangue occulto nelle feci.

La scarsa aderenza agli screening

Tuttavia se il 48 per cento degli over 50 aderisce con regolarità agli screening regionali per la ricerca del sangue occulto nelle feci, il 42 per cento non aderisce affatto e un 10 per cento lo fa in modo saltuario. «Il dato di chi non aderisce desta preoccupazione: conferma che siamo ben lontani da quella che dovrebbe essere una pratica routinaria», aggiunge Laura Lorenzon, cofondatrice di Europa Colon Italia e membro del direttivo. «Un altro dato rilevante riguarda il 42 per cento di intervistati in cui non è mai stata eseguita la caratterizzazione molecolare del tumore, risultato preoccupante soprattutto per alcuni tipi di tumore come quello del colon-retto in fase metastatica, in cui il test genetico consente di individuare le terapie target e a cui il tumore risponde meglio».