Al mondo sono 34 milioni i bambini e gli adolescenti sotto i 15 anni a essere affetti da forme di sordità disabilitanti: a dirlo è l’Organizzazione mondiale della sanità. Se non diagnosticata e trattata precocemente, la sordità infantile può determinare gravi deficit cognitivi e sociali influendo negativamente sulla capacità del bambino di apprendere e comprendere il linguaggio. Il tutto, con un forte impatto scolastico, relazionale ed emotivo.
La diagnosi di sordità profonda
Il deficit uditivo viene generalmente identificato con uno screening neonatale, strumento fondamentale per avviare un trattamento tempestivo. In alcuni casi, ad esempio se il bambino soffre di sordità grave-profonda bilaterale, l’impianto cocleare è l’unica soluzione per portarlo a sentire. L’impianto è, infatti, lo strumento più adeguato a ripristinare il canale di comunicazione uditivo-verbale e, di conseguenza, a permettere al bambino di sviluppare correttamente il linguaggio.
Cos’è l’impianto cocleare
L’impianto cocleare è un dispositivo inserito all’interno della coclea, il nostro organo uditivo, capace di stimolare direttamente il nervo e i centri uditivi del cervello restituendo l’udito. «Questo strumento è indicato nelle sordità severe o profonde che non traggono beneficio dall’amplificazione, cioè dall’uso dei normali apparecchi acustici», mi ha spiegato in un’intervista Eva Orzan, otorinolaringoiatra e audiologa presso l’Istituto materno infantile Burlo Garofolo di Trieste. «È un vero e proprio organo uditivo artificiale che sostituisce la funzione della coclea». L’intervento richiede accurate indagini preliminari: esami audiologici per studiare le caratteristiche del danno uditivo, prelievi ematici per verificare se la sordità ha una base genetica e indagini radiologiche per analizzare l’anatomia dell’orecchio interno. L’intervento viene oggi eseguito anche su bambini molto piccoli: «Prima si interviene e meglio è in termini di recupero», aggiunge l’audiologa.
Fondamentale la logopedia
Naturalmente l’impianto è solo il punto di partenza di un percorso più lungo: «La riabilitazione ha un ruolo basilare, sia prima che dopo l’intervento», ha spiegato Sara Cavicchiolo, logopedista al Policlinico di Milano nel corso di un intervento al congresso della Società italiana di otorinolaringologia pediatrica, tenutosi a Pisa a marzo. «Nella fase successiva all’impianto risulta fondamentale che la famiglia venga seguita da un logopedista o un professionista dell’udito».