La retina è una parte di cervello che “esce” dalla scatola cranica: partendo da questa evidenza un progetto di ricerca si propone di utilizzare l’occhio proprio come una finestra sul cervello, utile a diagnosticare precocemente deficit cognitivi in particolare nei pazienti diabetici. Lo studio, chiamato Recognised, coinvolge diversi centri europei d’eccellenza e potrebbe aprire la strada a nuovi strumenti di valutazione precoce e non invasiva di danni cognitivi evidenziando correlazioni tra diabete, demenza e retinopatia diabetica.

Retinopatia diabetica, un’emergenza

In Italia sono almeno 4 milioni le persone affette da diabete, con un aumento di circa il 60 per cento nell’ultimo ventennio e con un over 65 su 3 colpito dalla malattia. Una delle principali complicanze è appunto la retinopatia diabetica, prima causa di ipovisione e di cecità in età lavorativa nei Paesi industrializzati, dovuta all’evolversi nel tempo del danno a carico dei piccoli vasi sanguigni presenti nella retina. Estremamente diffusa, la retinopatia diabetica riguarda il 54,6 per cento dei pazienti con diabete di tipo 1 e il 30 per cento dei pazienti con diabete di tipo 2.

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I legami tra diabete e demenza

Il diabete è inoltre riconosciuto come un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo del deterioramento cognitivo e della demenza, pertanto valutare precocemente gli eventi che, a causa della malattia, si verificano nella retina potrebbe aiutare a identificare precocemente anche il deterioramento cognitivo. Del resto va tenuto presente che la retina è facilmente accessibile con le attuali tecnologie, e in modo non invasivo. «Attraverso la valutazione del fondo oculare con metodiche all’avanguardia, è possibile individuare così quei parametri che sono un segnale del danno precoce a livello del cervello e valutare, quindi, se ci sono delle possibilità di nuovi target terapeutici», spiega Stela Vujosevic, specialista in patologie della retina presso l’Irccs MultiMedica e responsabile scientifico del progetto per il gruppo.

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Biomarker e nuove terapie

Lo studio clinico coinvolgerà, in una fase iniziale, un totale di 70 pazienti. Di questi ne verranno selezionati 25 che, per caratteristiche specifiche, saranno seguiti per 30 mesi con valutazioni sia da un punto di vista oculistico che di imaging neurologico. I risultati della ricerca potrebbero condurre all’identificazione di biomarker specifici per la diagnosi e persino a nuove terapie per la prevenzione della demenza.