Lo pandemia ha messo sotto forte pressione il Sistema sanitario nazionale e in particolare la gestione dei pazienti oncologici. Questo ha riguardato anche i circa 560mila maschi italiani che convivono con un tumore alla prostata. Uno dei più diffusi nella popolazione maschile, rappresenta circa il 20 per cento di tutte le neoplasie diagnosticate negli uomini: le stime, relative all’anno 2017, parlano di 34.800 nuovi casi l’anno in Italia. La gestione del carcinoma prostatico richiede un pool medico costituito da urologo, oncologo radioterapista, oncologo medico e altri specialisti che possa garantire la continuità assistenziale del paziente nel corso del piano terapeutico. D’altro canto secondo un’indagine condotta da Fondazione Pro a ottobre 2020, per il 71 per cento dei pazienti con carcinoma prostatico il SARS-CoV-2 è fonte di preoccupazione tanto che 4 su 10 di loro hanno evitato di andare in ospedale durante i mesi più difficili del lockdown, rinviando le visite di controllo e le cure.

Prevenzione dimenticata…

«L’interruzione dei programmi di screening, la difficoltà dei medici nel gestire i casi sospetti, il timore dei pazienti a tornare negli ospedali e negli ambulatori per i controlli sono tutti fattori che hanno posto un freno all’azione di prevenzione e contrasto del tumore della prostata», ha spiegato Ugo De Giorgi, Consigliere nazionale di Aiom, Associazione italiana di oncologia medica. D’altro canto è la stessa Aiom che nelle sue linee guida sul carcinoma della prostata ribadisce l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce in ottica di intervento tempestivo e riduzione della letalità: «È quindi necessario tornare a garantire la piena sicurezza delle attività diagnostiche, terapeutiche e di prevenzione affinché i pazienti possano essere rassicurati e incoraggiati a intraprendere controlli e percorsi di cura».

…ma si può recuperare

La buona notizia è che la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma prostatico si attesta attualmente a circa il 92 per cento a 5 anni dalla diagnosi ed è in costante aumento soprattutto grazie alla diagnosi precoce. Se infatti non esiste una prevenzione primaria specifica per il tumore della prostata, alcuni cambiamenti nello stile di vita e alimentare possono aiutare a salvaguardare questo piccolo organo: aumentare il consumo di frutta, verdura e cereali integrali e ridurre quello della carne rossa. Ovviamente occorre mantenere il peso nella norma, tenersi in forma facendo attività fisica, ridurre l’alcol e interrompere il fumo. Quanto alla prevenzione secondaria, è fondamentale rivolgersi all’urologo in presenza di sintomi urinari e sottoporsi tassativamente a una visita urologica annuale dopo i cinquant’anni, o anche prima se si ha familiarità per la malattia.