Dipende da molti fattori, tra cui i livelli di dopamina. È esperienza di tutti, infatti, che alcune persone ogni notte vivono esperienze quasi psichedeliche: i loro sogni sono estremamente colorati, vividi, pieni di personaggi e con trame simili a quelle di un film. Altre invece non ricordano quasi mai quel che sognano, e quando succede si tratta di brevi immagini senza alcun senso. Alla base di queste differenze ci sono fattori biochimici: grazie a tecniche di neuroimaging, ricercatori della Sapienza di Roma insieme a colleghi di altre due università italiane hanno dimostrato anni fa che è la dopamina il principale neurotrasmettitore coinvolto nel determinare complessità e vividezza dei sogni. Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno studiato pazienti con malattia di Parkinson, caratterizzata da una carenza di dopamina. Le persone affette da questa malattia neurodegenerativa, infatti, non sognano o comunque riferiscono sogni molto semplici e poco realistici.

I sogni? Cambiano con l’età

La “sede dei sogni” nel cervello

Nel corso dello studio, uscito su Human Brain Mapping, è stato inoltre possibile individuare una delle aree più interessate dalla formazione dei sogni: «Confrontando individui che abitualmente ricordano i sogni con altri che abitualmente li dimenticano», ha spiegato lo psicofisiologo Luigi De Gennaro, che ha partecipato alla pubblicazione, «è stato possibile rilevare una differenza di attività della giunzione temporo-parieto-occipitale, di fatto la sede dei sogni». Del resto è questa stessa area quella più frequentemente lesionata nei pazienti che, dopo un trauma cerebrale, mostrano una totale anoneria, ovvero la perdita del ricordo dei sogni.

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Anche i farmaci influenzano i sogni

Che l’attività onirica possa essere alterata agendo sul cervello è comunque ben noto agli psichiatri: persino diversi psicofarmaci possono infatti modificare il modo di sognare. Ad esempio le benzodiazepine, ovvero i più comuni ansiolitici, possono far dimenticare i sogni mentre alcuni antidepressivi possono renderli molto più vividi e intensi specie nei primi periodi di assunzione. «Inoltre», mi ha spiegato infine Francesca Siclari, neurologa all’Università di Losanna (Svizzera) che da anni si occupa di sonno e sogni, «anche alcuni farmaci contro le allergie e alcuni antiretrovirali usati nella terapia dell’infezione da hiv possono alterare i sogni».

Un buon sonno ci aiuta (specie ora)

L’articolo completo su Airone, giugno 2020. Altre domande e risposte su I 500 perché. Domande e risposte per tutta la famiglia (Cairo). In libreria.

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