Malattia genetica rara, la sindrome di Ehlers-Danlos registra oggi un incremento di casi: «Non sappiamo dire se ciò dipenda solo da diagnosi più precise», mi ha spiegato Alessandra Bassotti dell’Ambulatorio malattie rare del Policlinico di Milano, uno dei pochissimi in Italia che prendono in carico pazienti affetti da questa condizione. Me ne ha parlato a margine di un’intervista uscita sul numero di marzo di BenEssere a Gioia Di Biagio (foto di Ilaria Di Biagio, tratta dalla performance Io mi oro), giovane e poliedrica artista che ha fatto della patologia uno spunto di riflessione sulla fragilità umana. A giugno dello scorso anno Gioia è uscita in libreria con Come oro nelle crepe. Così ho imparato a rendere preziose le mie cicatrici (Mondadori) in cui ripercorre la sua vita attraverso, anche, le sue performance sul palco.
Chi è colpito dalla sindrome
La malattia colpisce indistintamente i due sessi e la possibilità che un solo genitore affetto la trasmetta al figlio è esattamente del 50 per cento. La più recente classificazione della sindrome conta 13 forme: «Ma l’80 per cento dei pazienti appartiene a quella classica e alla ipermobile mentre un 15 per cento alla più grave, quella vascolare», prosegue Bassotti. Se la prima delle due causa danni alla pelle, eccessivamente elastica o sottile, la seconda è caratterizzata da una mobilità esagerata delle articolazioni causa di lussazioni. «I pazienti possono andare incontro ogni giorno a numerosi traumi», prosegue il medico. Inoltre i soggetti vascolari sono a rischio di danni ai vasi sanguigni, che possono andare incontro a rotture e aneurismi, e agli organi interni.
Quali cause
«Alla base della patologia c’è un difetto nella sintesi del collagene, proteina fondamentale per pelle, articolazioni e vasi», dice il medico. La Ehlers-Danlos si può presentare quindi con sintomi diversificati: «L’invalidità è dunque variabile da soggetto a soggetto». La diagnosi avviene sulla base dei sintomi con il supporto dei test genetici utili per alcune forme. Le terapie invece mirano alla riduzione del dolore e alla prevenzione delle complicanze, come quelle vascolari. «Utili inoltre la fisioterapia e terapie sintomatiche», conclude Bassotti.