La medicina territoriale è ancora oggi il punto dolente della sanità italiana: solo un italiano su quattro è soddisfatto dei servizi offerti, secondo la recente indagine Esperienza e percezione degli italiani sulla medicina territoriale, realizzata da Fondazione Onda in collaborazione con Elma Research. E questo nonostante ben 9 intervistati su 10 abbiano usufruito, nel corso degli ultimi sei mesi, del medico di medicina generale, del pediatra di libera scelta, della guardia medica o dei servizi dei consultori, in particolare per la prescrizione di farmaci, per visite specialistiche o per esami. Le principali cause di malcontento? Naturalmente le croniche difficoltà di prenotazione, i lunghi tempi di attesa e le disponibilità molto limitate.
Pnrr, un’opportunità mancata?
Attraverso la Missione 6 del Pnrr sono stati stanziati 15,63 miliardi di euro per formare un nuovo assetto istituzionale che favorisca la continuità delle cure per i pazienti, rafforzi la rete territoriale di assistenza primaria e uniformi gli standard strutturali, tecnologici e organizzativi così da favorire il rapporto tra i medici e l’assistito e risponda alle mutevoli esigenze. «La riorganizzazione dell’assistenza territoriale prevista dal Pnrr e programmata dal DM 77/2022 costituisce una straordinaria opportunità per migliorare la qualità delle cure primarie», ha spiegato Nino Cartabellotta, presidente di Fondazione Gimbe a margine della presentazione dei dati. «Tuttavia tale riforma si innesta in un sistema che presenta numerose criticità organizzative ed enormi differenze regionali, di cui è indispensabile tener conto per mettere in atto le adeguate contromisure». Nonostante i fondi stanziati, infatti, il 41 per cento degli intervistati ritiene che la medicina territoriale sia estremamente peggiorata e che abbia scarse aspettative per il futuro: il 90 per cento non crede che ci saranno dei miglioramenti efficaci o che si stia facendo qualcosa.
Tempi di attesa, specialmente al Nord
Del resto anche l’ultimo Outlook Salute Italia, report annuale voluto da Deloitte e frutto di un’indagine condotta negli ultimi mesi del 2021 su un campione di oltre 3800 connazionali, conferma alcune di queste criticità: il giudizio più severo che emerge riguarda le liste di attesa per ricoveri, diagnostica e visite specialistiche in particolare nelle strutture ospedaliere del Nord (in primis, della Lombardia) che attraggono sempre più pazienti da altre parti del Paese. Inoltre il divario Nord-Sud non cenna a ridursi, e l’indagine lo testimonia. Anzi, si alimenta quello tra le classi sociali: nelle fasce socio-economiche più basse si riscontra la maggiore percentuale di pazienti che, con la pandemia, hanno dovuto rinunciare più spesso a cure mediche per sé o per i propri familiari. Si tratta del 40 per cento contro il 19 per cento della fascia più alta.
Alcuni dati positivi…
Eppure da questa indagine, di cui parlo più diffusamente in un post per il blog di Lami, emerge anche un punto di vista diverso: una relativa ma crescente fiducia degli italiani verso la sanità pubblica. Secondo i dati Deloitte, decisamente controcorrente, la Sanità pubblica si porta a casa una piena sufficienza (6,6 è il punteggio medio rilevato dai questionari), nonostante i problemi emersi con la pandemia e l’ondata di insoddisfazione generale che ne è conseguita. Pandemia che, naturalmente, ha contribuito all’allungamento delle liste d’attesa a causa della difficile gestione dei pazienti Covid e non-Covid. Del resto anche secondo lo studio paneuropeo Stada Health Report 2022 mostra come più di un terzo delle persone in Repubblica Ceca, Romania e Italia dichiari di aver posticipato o annullato gli appuntamenti medici a causa della paura dei contagi.