L’Italia è il terzo mercato in Europa per i farmaci biologici e leader per la penetrazione dei biosimilari: dati di tutto rispetto per il nostro Paese che, grazie a questi ultimi, potrà vedere risparmi tra i 300 e i 450 milioni di euro nei prossimi anni. I dati vengono da Iqvia: secondo quanto emerge, da gennaio a settembre 2018 le 10 molecole biosimilari allora disponibili sul mercato nazionale (per un totale di 45 prodotti) avevano assorbito il 14 per cento dei consumi nazionali contro l’86 per cento dei corrispondenti originator, con una crescita del 19 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017.

Dati in crescita

Il successivo report annuale realizzato dal Centro studi di Assogenerici ha confermato il trend: crescita complessiva giunta al 53,7 per cento per le molecole biosimilari che nel frattempo sono diventate 12, pari al 17 per cento dei consumi nazionali di biosimilari e relativi originator considerati nella loro globalità. «Da quando ha autorizzato il primo biosimilare nel 2006, l’Unione europea è all’avanguardia nella regolamentazione di questi medicinali», mi ha spiegato Fabrizio Condorelli, farmacologo all’Università del Piemonte orientale. «Negli ultimi dieci anni ha autorizzato il più elevato numero di medicinali biosimilari al mondo, acquisendo peraltro una notevole esperienza in termini di uso e sicurezza».

Un vantaggio per la collettività

Prodotti complessi destinati al trattamento mirato di numerose patologie gravi e croniche, i famaci biologici hanno rappresentato una svolta terapeutica decisiva per milioni di pazienti affetti da patologie neoplastiche, sclerosi multipla, diabete, artrite reumatoide e altre malattie autoimmuni e rare, con un crescita enorme in termini di fatturato a livello mondiale. Tuttavia i loro costi in termini di ricerca, produzione e commercializzazione rappresenta il vero grande ostacolo a un’ampia accessibilità.

L’appeal commerciale

È proprio in questo contesto che si inseriscono i biosimilari, il cui costo è inferiore per una fondamentale ragione: «Riproducendo una molecola originator la cui efficacia clinica è stata già dimostrata, i biosimilari consentono di assorbire maggiori investimenti di ricerca e sviluppo», prosegue Condorelli. Pertanto, il risparmio prodotto dall’impiego di un biosimilare al posto del suo originator permette di trattare un maggior numero di pazienti. Questo comporta anche un elevato appeal commerciale: secondo una review presentata a marzo 2018 da Ernst&Young, infatti, sarebbero circa 200mila gli italiani potenzialmente interessati da fenomeni di sottotrattamento o accesso ritardato alle cure innovative a causa dei costi elevati dei biologici originator.

L’articolo completo su iFarma, luglio 2019