La sindrome dell’intestino irritabile (Ibs, Irritable bowel syndrome) è ancora oggi una condizione sottovalutata e spesso ignorata dai pazienti stessi. «Alcuni vivono per decenni con irregolarità dell’alvo, ma ignorano il problema non considerandolo tale», mi ha spiegato Enrico Stefano Corazziari, gastroenterologo al dipartimento di medicina interna e specialità mediche alla Sapienza di Roma. Così il ritardo di diagnosi è inevitabile: «Mediamente ci vogliono 17 anni prima che il paziente si rivolga al gastroenterologo». Non a caso dei pazienti con questa patologia ancora oggi si occupa quasi sempre solo il medico di medicina generale, spesso anche in quel 20 per cento di casi severi in cui i sintomi hanno un peso devastante sulla qualità di vita.
Un punto d’incontro
Di Ibs si è parlato a Roma lo scorso maggio nel corso del convegno La sindrome dell’intestino irritabile: malattia sociale tra complessità terapeutiche, innovazione e sostenibilità, tenutosi presso l’Istituto superiore di Sanità. Stefano Vella, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e relatore al convegno, ha spiegato: «Sono stato medico di base e quando i miei pazienti scoprivano di avere la sindrome dell’intestino irritabile erano sollevati per non avere una patologia più seria. Eppure questa non è una malattia semplice». La sindrome dell’intestino irritabile è infatti un disturbo che colpisce oggi in Italia oltre il 7 per cento della popolazione, in prevalenza femminile, e che comprende due principali categorie di sintomi: dolore addominale e irregolarità nella consistenza e nella frequenza delle defecazioni. La causa sono alterazioni della motilità dell’intestino. A oggi rappresenta la causa più frequente di ricorso al medico per disturbi gastroenterologici: i sintomi sono infatti cronici e ostacolano le attività quotidiane di chi ne è affetto, determinando un impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti. «La malattia non si cura definitivamente», aggiunge Vella, «e anzi rappresenta una delle condizioni con cui propri il medico di base si confronta quotidianamente». Tutto ciò ha una ripercussione in fatto di calo della qualità di vita e incremento di visite mediche con ripercussioni sociali anche in termini di costi.
Sintomatologia complessa
Nell’Ibs le modificazioni dell’alvo (consistenza e frequenza delle defecazioni) possono essere presenti sotto forma di costipazione (Ibs-C), diarrea (Ibs-D) o miste con periodi di stipsi alternati appunto a scariche diarroiche (Ibs-M). Se l’Ibs-C si può manifestare come totale assenza di stimolo evacuatorio, oppure con la costante necessità di evacuare associata a difficoltà espulsive, l’Ibs-D è caratterizzata da emissione di feci di consistenza ridotta (liquide o poltacee), spesso mal digerite e con urgenza. In entrambi i casi le evacuazioni possono presentare anche tracce più o meno abbondanti di muco, indice di infiammazione della mucosa intestinale. Oltre che da questi sintomi, l’Ibs può essere caratterizzata anche da gonfiore, tensione, fastidio addominale e borborigmi e si può associare ad altre condizioni digestive (come la patologia da reflusso gastroesofageo) ed extradigestive (infezioni genito-urinarie, tachicardia, difficoltà di respiro, cefalea, sindrome della stanchezza cronica).
L’epidemiologia
Nel corso degli anni diversi studi epidemiologici sono stati condotti al fine di fornire dati sulla patologia. Dal momento però che i sintomi sono abbastanza frequenti nella popolazione generale, e che questa patologia non è associata clinicamente a complicanze gravissime, risulta difficile definire incidenza e prevalenza della condizione. Inoltre i diversi studi presentano caratteristiche eterogenee che limitano ulteriormente il confronto. Dai dati della letteratura si dimostra che l’Ibs è un disordine funzionale intestinale che interessa il 5-20 per cento della popolazione del mondo occidentale e circa l’11 per cento della popolazione mondiale. I diversi gradi di prevalenza dipendono non solo dalle diverse definizioni adottate nei vari studi, ma anche da differenze etniche, culturali e sociali in varie parti del mondo. I diversi sottotipi dell’Ibs (Ibs-C, Ibs-D e Ibs-M) sono grosso modo egualmente frequenti. Un dato è però certo: l’Ibs è sicuramente più frequente nel sesso femminile e può interessare tutte le età con picchi nell’infanzia e tra i giovani adulti. In Italia la prevalenza dell’Ibs si aggira tra il 5 e il 10 per cento circa. Uno studio pubblicato nel 2014 su Clinical Epidemiology ha dimostrato che la più alta proporzione al mondo di pazienti che si rivolgono al medico di base per questa condizione è proprio quella italiana, con circa il 50 per cento delle consulenze richieste.
L’articolo completo su Rh+ Regional health, 3 – 2017