Un po’ di riposo e un analgesico? No, il mal di testa non si cura più (solo) così. Oggi questo fastidioso disturbo può essere combattuto molto più efficacemente. Ad esempio come ha fatto Carolyn Matheson, una donna inglese di 58 anni affetta da cefalea a grappolo, una delle forme più pesanti (è chiamata anche “cefalea da suicidio”) che nella sua “variante” chiamata Sunct può arrivare a produrre fino a centinaia di attacchi al giorno che impediscono persino di parlare e camminare. Matheson è balzata agli onori della cronaca tempo fa dopo essere tornata alla sua vita di sempre grazie a un semplice telecomando. L’apparecchio, collegato a un generatore impiantato nel petto che invia impulsi elettrici al cranio, le permette infatti di arrestare sul nascere le crisi che fino a quel momento non cessavano con i normali farmaci.
un Primato italiano
La stimolazione elettrica è una terapia innovativa di grande importanza per il nostro Paese: proprio in Italia infatti è stata sperimentata per la prima volta, precisamente nel 2000 quando studiosi dell’Istituto neurologico Besta di Milano, guidati dal direttore dell’Unità operativa cefalee Gennaro Bussone, introdussero la neurostimolazione ipotalamica, una tecnica che riprende la cosiddetta deep brain stimulation, una forma di stimolazione cerebrale impiegata per curare disturbi psichici gravi, non priva di pericoli per la vita del paziente. Al contrario quella sperimentata al Besta, così come quella applicata su Carolyn Matheson, non comporta rischi: in pratica viene inserito un microchip sottocutaneo in grado di rilasciare impulsi elettrici che interrompono il ciclo del dolore e aumentano la produzione di endorfine, migliorando le condizioni dei pazienti nel 70 per cento dei casi.
contro le cefalee farmacoresistenti
Certo non a tutti è adatta questa terapia estrema: «Perché sia utile», ha spiegato Bussone in un’intervista, «la cefalea deve essere unilaterale, cioè deve presentarsi da un lato solo della testa, e il paziente non deve soffrire di disturbi della personalità. Inoltre occorre che i sintomi siano cronici, invalidanti e farmacoresistenti». Quella elettrica è infatti l’ultima spiaggia, una soluzione radicale a cui si giunge dopo che le diverse terapie farmacologiche si sono dimostrate inefficaci. «Non era una gran prospettiva quella di diventare una specie di uomo bionico», aveva raccontato Pierluca Tagariello, il primo paziente operato da Bussone. La cui tecnica è ormai accettata dalla comunità scientifica: da tempo infatti la Società italiana per lo studio delle cefalee (Sisc) ha infatti inserito questa terapia nelle nuove linee guida su questo disturbo.
CEFALEE: Un’emergenza sociale
Perché una cosa è certa: le diverse forme di mal di testa (la medicina ne ha individuate quasi 200, anche se le famiglie sono solo tre) posso diventare un grande ostacolo alle nostre attività quotidiane. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, che nell’Atlante delle cefalee presentato al Parlamento europeo ha definito il disturbo come una priorità di salute pubblica, a soffrirne è il 70 per cento degli adulti tra i 18 e i 65 anni, anche se solo il 10 per cento è seguito da un medico. Con conseguenze economiche: «Nella sola Europa a 27», spiega Paolo Martelletti, presidente di Lifting the burden, associazione partner nella lotta a questa che è a tutti gli effetti una patologia invalidante del mondo occidentale, «il costo annuale delle cefalee è di 155 miliardi di euro, di cui oltre il 90 per cento causato da assenze dal lavoro. Tra l’1,7 e il 4 per cento della popolazione adulta soffre infatti per più di 15 giorni al mese».
Prima CI SI curA, meglio è
Il consiglio del medico? Assumere il corretto farmaco appena il mal di testa insorgere, senza aspettare. Secondo lo studio Prompt (Patient reaction and opinion to migraine pain and treatment), condotto nel 2006 in sei nazioni europee su 1.500 pazienti di cui 250 italiani, sembra infatti che per decidersi a prendere un medicinale specifico l’emicranico italiano impieghi 101 minuti, contro i 61 di quello inglese e i 76 dello spagnolo. «Questo è un errore», ha spiegato Piero Barbanti, direttore dell’Unità cefalee e dolore del San Raffaele Pisana di Roma. «La crisi emicranica si sviluppa in fasi successive. Perché la cura sia efficace occorre trattare l’attacco entro circa un’ora dai primi sintomi». Oggi le terapie non mancano, ma in ogni caso quando il dolore è ricorrente e invalidante occorre farsi seguire da un centro cefalee: qui neurologi specializzati sono capaci di individuare il farmaco corretto per risolvere il problema, anche in modo definitivo.