«Sulla base delle evidenze disponibili, due farmaci biosimilari che hanno come target la stessa molecola possono essere considerati equivalenti, in termini di sicurezza ed efficacia, solo se questa equivalenza è stata dimostrata in trial clinici e preclinici». A scrivere queste righe, in uno dei nove pronunciamenti ufficiali destinati a fornire una corretta informazione a medici e pazienti, è il Gruppo italiano per lo studio delle malattie infiammatorie intestinali. Il tema è appunto l’impiego dei biosimilari, farmaci basati su molecole simili ma non uguali a quelle dei farmaci biotecnologici definiti originator. Il vantaggio? Innanzitutto economico: i costi di produzione sono ridotti, con un risparmio per il Sistema sanitario nazionale. I medicinali biologici sono caratterizzati da sostanze attive che derivano da cellule o organismi viventi attraverso l’utilizzo di metodologie biotecnologiche come il dna ricombinante, il controllo dell’espressione genica e tecnologie a base di anticorpi. I biosimilari sono costituiti invece da molecole che riproducono in laboratorio quelle biologiche: la loro funzionalità, come indica lo statement, deve essere testata sotto il profilo dell’efficacia clinica e della sicurezza.

I Biosimilari in gastroenterologia

In particolare nel campo delle malattie infiammatorie intestinali o Ibd (malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa) l’utilizzo dei biologici, nello specifico gli anti-Tnfα, rappresentano una grande risorsa clinica. Attualmente è disponibile in terapia un biosimilare capace di riprodurre gli effetti di uno degli anti-Tnfα più impiegati, l’infliximab. Antonio Cuomo, responsabile dell’Ibd center dell’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore (Napoli), mi ha spiegato che la sua esperienza con questo nuovo farmaco è positiva: «I risultati sono sovrapponibili a quelli del farmaco originator: non abbiamo individuato alcun problema, né sotto il profilo dell’efficacia né sotto quello della sicurezza». Nel suo centro Cuomo ha trattato 20 pazienti con biosimilare di cui 7 rappresentano switch, cioè transizioni dall’originator infliximab. «La Campania ha approvato un piano per la sostenibilità economica in sanità», aggiunge Cuomo, «e la nostra decisione di utilizzare il biosimilare va in questa direzione: in questo modo possiamo liberare risorse a favore delle soluzioni terapeutiche innovative». Va però rilevato che esistono talvolta alcune reticenze da parte di alcuni clinici e dei pazienti: «Finché non c’è una legge che impone il passaggio per ragioni economiche difficilmente si cambierà farmaco», conclude Cuomo.

Articolo tratto da Farmaci equivalenti e biosimilari (inserto di Sette, Corriere della Sera), 8 luglio 2016

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