In Italia sono quattro milioni e mezzo le persone affette da osteoporosi, per i due terzi donne. La fragilità ossea, caratteristica della patologia, è causa ogni anno di 90mila fratture a carico del femore che colpiscono gli over 70 mentre oltre il 20 per cento degli ultra 65enni di entrambi i sessi è interessato da fratture vertebrali: tutte complicanze che si associano a perdita di autonomia e aumento del rischio di ospedalizzazione. «L’osteoporosi è la più frequente tra le patologie che causano fragilità ossea», mi ha spiegato Bruno Frediani, docente di reumatologia all’Università di Siena. «Questo significa che è sempre necessaria un’attenta diagnosi». Nell’osteoporosi, come dice la parola, l’osso diventa poroso e la sua struttura si fa debole: «È una patologia quantitativa, dal momento che l’osso si fa meno denso, ma anche qualitativa», prosegue il medico: «la qualità dei minerali che lo compongono infatti non è più adeguata a garantirne la solidità».
Fratture vertebrali, cosa sono
Nonostante gli sforzi in fatto di prevenzione, l’osteoporosi è una malattia ancora oggi sottodiagnosticata e non trattata a sufficienza: «Solo il 50 per cento delle fratture dovute a osteoporosi viene diagnosticato, e la percentuale si dimezza se consideriamo i pazienti trattati adeguatamente», prosegue Frediani. A un paziente non più giovane che presenta una frattura del femore, ad esempio, dovrebbe essere sempre eseguita una radiografia della colonna: «Nel 50 per cento dei casi, infatti, la frattura del femore si accompagna a una alle vertebre». Nonostante quest’ultima sia asintomatica, rappresenta tuttavia una conferma di osteoporosi. Il motivo? Se il femore è una sede particolarmente colpita da fratture di questo tipo anche per ragioni legate alle elevate sollecitazioni meccaniche a cui è sottoposto, le vertebre sono soggette a schiacciamenti legati a fattori specifici: «Qui l’osso è spugnoso e ha la caratteristica di rimodellarsi rapidamente, e ciò lo espone notevolmente ai danni della malattia».
La diagnosi, non sempre corretta
Nel caso dei soggetti a maggior rischio lo specialista dovrebbe prescrivere almeno una volta all’anno esami diagnostici come la Moc, ovvero la mineralometria ossea computerizzata, e una radiografia della colonna. Questo però non capita spesso: «I medici di base hanno fatto progressi nella conoscenza della malattia», ammette Frediani. «Lo stesso non vale purtroppo nei pronto soccorsi, dove l’approccio a una frattura nell’anziano resta ancora, in prima battuta, solo quello chirurgico».
Farmaci, allarmismi ingiustificati. Ancora oggi si registra un certo scetticismo da parte dei pazienti e anche di alcuni medici all’uso di terapie adeguate, in particolare a base di farmaci antifratturativi che si sono dimostrati efficaci nel migliorare la massa e la qualità dell’osso. In particolare i cosiddetti bisfosfonati sono stati oggetto di un allarmismo ingiustificato legato a possibili danni all’osso mascellare e fratture atipiche: «In realtà sono effetti rilevati in una minima parte di pazienti, principalmente oncologici o immunodepressi, che ne assumono a dosi elevate», precisa Bruno Frediani. Se impiegati alle giuste dosi, sono infatti farmaci del tutto sicuri.
L’articolo completo su Salute in famiglia, 4/2019