I pazienti con fibrillazione atriale sono, in alcuni casi, sottotrattati quanto a terapia anticoagulante orale indispensabile per la prevenzione degli eventi tromboembolici. La fibrillazione atriale è caratterizzata da un’alterazione del ritmo del cuore, che risulta molto rapido e irregolare, con formazione di coaguli in grado di arrivare al cervello che provocano i cosiddetti ictus cardioembolici. Questa aritmia, aumentandone di cinque volte il rischio, provoca oltre un quarto dei circa 200mila ictus che si verificano ogni anno nel nostro Paese, dove costituiscono la seconda causa di morte e la prima di disabilità nei soggetti adulti-anziani.
Le diverse forme di FA
Attualmente sono disponibili terapie efficaci a base di anticoagulanti che riducono il rischio di ictus di circa due terzi. Il Progetto Fai: la Fibrillazione atriale in Italia, coordinato da Antonio Di Carlo dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche, ha condotto una nuova ricerca pubblicata su Aging Clinical and Experimental Research che ha permesso di valutare l’impiego della terapia anticoagulante nei diversi sottotipi di questa aritmia: fibrillazione atriale persistente, permanente e parossistica, caratterizzata da episodi che possono durare fino a sette giorni.
FA parossistica, la meno trattata
«Lo studio ha esaminato un campione rappresentativo della popolazione italiana anziana costituito da 6mila ultrasessantacinquenni, assistiti di medicina generale in Lombardia, Toscana e Calabria», spiega Di Carlo. I risultati indicano che, globalmente, il 69 per cento dei pazienti con fibrillazione atriale assumeva terapia anticoagulante, in percentuali significativamente diverse nei vari sottotipi: il 91 per cento dei pazienti con la forma permanente, l’85 per cento con la persistente e solo il 43 per cento con la parossistica. «A questi ultimi venivano spesso prescritti farmaci antiaggreganti piastrinici, molto meno efficaci nella prevenzione dell’ictus, e nel 17 per cento dei casi nessun trattamento antitrombotico».
L’impatto socioeconomico
Le stime del progetto relative alla frequenza della fibrillazione atriale nella popolazione over 65 in Italia e nei 28 Paesi dell’Unione Europea indicano in circa un milione e 100mila i pazienti in Italia, dei quali oltre il 40 per cento affetti proprio dalla forma parossistica. Oltre la metà di questi, dunque, non riceverebbe la terapia anticoagulante adeguata per una sostanziale sottovalutazione del rischio. «Al fine di ridurre i costi sociali e sanitari collegati a questa patologia», aggiunge Domenico Inzitari del Dipartimento di neuroscienze, psicologia, area del farmaco e salute del bambino all’Università di Firenze e responsabile scientifico del progetto Fai, «è importante una maggiore aderenza alle evidenze disponibili e alle raccomandazioni delle linee guida».